10 June 2021 | Infanzia
Quando iniziano a parlare i bambini: una timeline e 6 consigli
Lo sviluppo della parola ha inizio già mentre il bambino è nel pancione, le sue abilità si rafforzeranno poi nell’età evolutiva fino a completarsi nell’età adulta.
Lo sapevate che già durante l’ultimo trimestre di gravidanza il feto è in grado di ascoltare la voce della propria mamma e a riconoscere la musicalità delle vocali? Sì, è vero, il loro cervello è ancora poco sviluppato ma sta lavorando molto per memorizzare i suoni che sono alla base delle parole e continuerà a farlo anche dopo essere nato. Quale sarà e quando pronuncerà la sua prima parola di senso compiuto e quando iniziano a parlare i bambini in generale?
In questo articolo troverete una timeline delle tappe dello sviluppo del linguaggio e 6 consigli utili per aiutare i vostri piccoli a comunicare con voi e con l’esterno.
Indice dei contenuti:
- Le tappe dello sviluppo del linguaggio: una timeline
- Cosa fare per favorire lo sviluppo del linguaggio del bambino? 6 consigli utili
- Quando preoccuparsi se un bambino non parla
- Anche il pianto è una forma di linguaggio
Le tappe dello sviluppo del linguaggio: una timeline
Le tappe dello sviluppo del linguaggio sono prevedibili, ma ogni bambino ha il proprio ritmo.
Ma a che età parlano o iniziano a parlare i bambini?
Se siete arrivati a porvi questa domanda, molto propbabilmente la comunicazione con i vostri bambini finora è stata caratterizzata dai loro sguardi, pianti, strilli, sorrisi e carezze e dalle vostre canzoncine, ninne nanne e parole dette a mezza voce e distrattamente; dovete sapere che tutte queste informazioni vengono maniacalmente registrate dai vostri bambini. Ed eccolo, infatti, che da un momento all’altro prova timidamente a ripetere qualche suono, a comporre qualche parola fino ad indicarvi con precisione quello che vuole o non vuole mettendo in fila anche 3 parole assieme. E poi ci saranno i “sì” e i “no” detti solo per provocarvi, per mettere alla prova la vostra coerenza…e la vostra pazienza!
Magari avete fatto a gara con il vostro partner per sentirvi chiamare per primi “mamma” o “papà” e vi siete emozionati nel sentire il ripetere, molto probabilmente del tutto casuale, di quelle due sillabe…
I momenti legati all’apprendimento e all’utilizzo della parola da parte del vostro piccolo sono così gioiosi e imprevedibili che sarebbe difficile associarli ad altri avvenimenti della vita di una persona.
In generale, le prime parole che imparerà a comporre saranno quelle che vengono utilizzate giornalmente in riferimento al momento del pasto o del bagnetto, per passare poi alla ripetizione del nome di alcune parti del corpo. Riuscirà poi in una seconda fase a “parlare” e farsi capire anche dalle persone esterne al proprio nucleo familiare.
Le ricerche sugli aspetti fonetico-fonologici dello sviluppo linguistico hanno dimostrato che l’evoluzione fonetica, come altri aspetti del comportamento umano, obbediscono alla “legge biologica” che tende a massimizzare l’efficacia comunicativa con il minimo dello sforzo. Cosa vuol dire? In poche parole, sta a significare che le prime forme linguistiche infantili ad essere prodotte emergono dall’oscillazione tra la facilità di produzione e la “salienza percettiva” dei foni, ovvero la capacità di distinguere un suono rispetto a un altro.
Scopriamo assieme quante sfide compiono i nostri piccoli mese dopo mese, sin dalla loro nascita, attraverso questa timeline.
Dalla nascita ai 3 mesi
Stando agli studi più recenti, intorno alla 30esima settimana di gravidanza, il feto inizia a reagire agli stimoli uditivi: alla fine della gravidanza riesce anche a distinguere una voce femminile da una maschile.
Una volta venuti al mondo, i piccoli cuccioli di uomo ascoltano in modo più ottimale i suoni linguistici rispetto a quelli non linguistici, anche di pari complessità e tonalità.
Nei primi 3 mesi di vita, i neonati ascoltano la tua voce e osservano le espressioni del tuo viso mentre parli, sono in grado infatti di associare la produzione delle vocali a una precisa espressione facciale, alcuni di loro preferiscono il “motherese”, ovvero quello stile tutto dolce che spesso utilizzano le mamme con i propri piccoli, ma che può essere utilizzato da chiunque, nella quale vengono trasmesse con più efficacia emozioni attraverso l’enfasi acustica e visiva o gesticolando molto rispetto al comune parlato degli adulti.
In questa fase i piccoli riescono ad emettere dei suoni attraverso il pianto, degli stridolini o suoni definiti “vegetativi” come ruttini, deglutizioni o colpi di tosse. A questi si aggiungono grugniti e sospiri e le loro prime vocalizzazioni, i risolini e i suoni “proto-consonantici” definiti anche vocalizzazioni di benessere (cooing), felici e cantilenanti, che potrebbero iniziare a dimostrare un passaggio a un comportamento più consapevole. Emergono poi le nasali sillabiche e i suoni vocalici nasalizzati. In una fase più avanzata, dai suoni isolati si passa ai suoni in sequenza.
A 6 mesi
A 6 mesi, il bambino inizia con il babbling, tradotto a volte con “lallazione”, ovvero una sequenza di sillabe di tipo consonante-vocale ripetute in modo ritmico nel tentativo di imitare il parlato dei grandi. Ad esempio, il tuo bambino potrebbe dire “ba-ba” o “pa-pa”. Il babbling è un’attività che non dipende dall’interazione, è piuttosto un esercizio auto-stimolatorio che non ha un vero e proprio significato, quindi è improbabile che il vostro piccolo abbia appena detto Papà! Il babbling può essere canonico, ad esempio papapa, o reduplicato, ad esempio “pa-ta-ga” o “pa-pi-pe”. I due tipi di babbling non sono successivi ma contemporanei.
A 9 mesi
Dai 9 mesi in poi, i bambini possono capire alcune parole di base come “no” e “ciao”. Possono anche iniziare a utilizzare una gamma più ampia di suoni consonantici e toni di voce. Forse non tutti sanno che l’apprendimento delle parole si svolge su basi statistiche: i bambini si affidano ad un certo numero di parole familiari e riconoscibili che li aiutano a segmentare e a comprendere un discorso. È dimostrato infatti che se una parola ad alta frequenza e familiare come “mamma” viene pronunciata prima di una parola sconosciuta e non familiare, il bambino riuscirà ad assimilare quest’ultima più velocemente rispetto al caso in cui la nuova parola fosse preceduta da un’altra parola sconosciuta. Ma come fanno a capire quando una parola finisce e ne inizia un’altra? I bambini riescono ad analizzare la distribuzione degli accenti, l’intonazione e il ritmo; sorprendente vero?
Dai 12 ai 18 mesi
Tra il primo anno di vita e i 18-20 mesi la maggior parte dei bambini iniziano a dire le loro prime paroline, poche e semplici, come “mamma” e “papà”. Adesso non è più un esercizio, il vostro bambino vi sta chiamando davvero e comincia a parlare! Inoltre, capiscono le tue brevi richieste, come ad esempio “Per favore, vieni qui”.
Intorno ai 18 mesi, i bambini sono in grado di pronunciare in modo chiaro circa 20 semplici parole e iniziano a parlare al telefono per gioco imitando il tono di voce gli adulti! Ma non solo, possono anche iniziare a farsi capire indicando persone, oggetti e parti del corpo. Ripetono le parole pronunciate dagli adulti, ma spesso tralasciano la fine o l’inizio delle parole.
A 2 anni
A due anni i bambini riescono a pronunciare piccole frasi composte da due parole o quattro, come “Ciao mamma” o “io acqua”. È del tutto normale che a due anni un bambino non parli in modo corretto.
A 3 anni
A tre anni il vocabolario del tuo bambino esplode e si espande giorno dopo giorno, inizia a costruire delle frasi, a cantare semplici canzoni e riesce a farsi capire.
Cosa fare per favorire lo sviluppo del linguaggio del bambino? 6 consigli utili
- Mostrate interesse per le sue espressioni, il suo sguardo, le sue smorfie.
- Prestate attenzione ai loro vocalizzi e alle loro lallazioni.
- Parlate guardandolo negli occhi.
- Mettetevi alla loro altezza mentre gli parlate.
- Raccontate quello che sta succedendo: è l’ora della pappa, adesso facciamo il bagnetto…
- Leggete loro delle storie: i libri aiutano a crescere.
Sappiate che le competenze linguistiche del vostro piccolo sono direttamente proporzionali alla quantità di parole che ascolterà nei primi anni di vita, prendetevi cura delle orecchie dei vostri piccoli attraverso una corretta igiene e controlli specialistici.
Quando preoccuparsi se un bambino non parla
Cosa fare in caso di bambini che non parlano? Se vi sembra che il vostro bambino stia dimostrando un ritardo nello sviluppo del linguaggio parlatene con il vostro pediatra: in generale i “parlatori tardivi”, ovvero quei bambini in cui:
- non è presente una lallazione entro i 12 mesi
- che hanno un vocabolario ristretto di parole entro i 2 anni (meno di 50 parole)
- che non riescono a elaborare una frase entro i 3 anni,
e che non presentano altri deficit possono essere aiutati coinvolgendo un logopedista.
Anche il pianto è una forma di linguaggio
Piangere non indica necessariamente un dolore fisico, molto raro nei bambini, ma indica piuttosto un bisogno che attende di essere ascoltato e soddisfatto. Il nostro piccolo potrebbe piangere perché ha fame, perché vuole essere cullato o coccolato, perché ha paura o perché si sente solo. Attraverso il pianto cerca di comunicare con noi, almeno fino a quando non avrà imparato a esprimere con le parole le proprie emozioni e i propri sentimenti e, gli adulti lo sanno bene, potrebbe volerci molto tempo.
Fonti:
https://www.researchgate.net/publication/298790805_Lo_sviluppo_foneticofonologico_da_0_a_3_anni
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