10 Febbraio 2022 | News, Scienza

Carenza di ferro: quando diventa anemia?

carenza di ferro e anemia - ragazza bionda con il braccio teso in attesa di un prelievo di sangue

Il ferro è un minerale importantissimo per la nostra salute perché responsabile di tantissime funzioni, prima fra tutte il trasporto di ossigeno nel sangue. Quando questo elemento viene a mancare a causa di una dieta poco bilanciata o di un aumento del fabbisogno può insorgere il rischio di sviluppare la sideropenia, ovvero l’anemia da carenza di ferro.
Quali sono quindi i valori corretti da tenere sotto controllo attraverso le analisi del sangue e come possiamo correggere una carenza di ferro più o meno grave?

Differenza tra carenza di ferro e anemia

Il ferro è un elemento essenziale per le nostre cellule ed è fondamentale in alcuni processi metabolici dell’organismo, in particolare:

  • A livello del midollo osseo per produrre nuovi globuli rossi;
  • Per trasportare l’ossigeno nell’organismo;
  • Per favorire la sintesi di grassi (lipidi), zuccheri (carboidrati) e materiale genetico (DNA e RNA).

La carenza di ferro è una condizione caratterizzata da un deficit di questo minerale nell’organismo che, se non corretta, porta all’instaurarsi della patologia anemica vera e propria. L’anemia da carenza di ferro, infatti, è una condizione che si manifesta quando l’organismo è incapace di soddisfare una produzione di emoglobina atta a garantire la giusta ossigenazione dell’organismo.

Quanti tipi di anemia esistono?

Le anemie possono essere classificate a seconda della causa scatenante; tra le più comuni ci sono:

  • anemia da carenza di ferro, detta anche sideropenia, è la forma di anemia più diffusa tra la popolazione;
  • anemia falciforme, una forma genetica ed ereditaria che causa una forma a falce del globulo rosso;
  • anemia mediterranea, una patologia ereditaria in cui i globuli rossi vengono distrutti;
  • anemia da carenza di vitamine, in particolare la vitamina B12 e la vitamina C.

Incidenza della carenza di ferro e dell’anemia sulla popolazione

Si stima che il 25% della popolazione mondiale soffra di anemia, problematica diffusa soprattutto tra i bambini e le donne in gravidanza. La carenza di ferro è senza dubbio la causa più frequente ed è responsabile del 50% di tutte le forme di anemia.1
Diversi studi sono stati condotti a riguardo, arrivando a quantificare la sua presenza nel 43% dei bambini di età inferiore ai 4 anni. Per questo motivo l’Organizzazione mondiale della sanità (WHO) considera l’anemia da carenza di ferro come la più comune carenza nutrizionale nel mondo.2

I valori ematici da tenere sotto controllo in caso di anemia

Nel soggetto anemico il quadro ematologico è caratterizzato da una riduzione dei valori dei seguenti parametri: emoglobina, sideremia, saturazione della transferrina (Tsat%) e ferritina. Tuttavia, per formulare correttamente una diagnosi di anemia è indispensabile valutare anche i seguenti parametri: MCH (contenuto corpuscolare medio di emoglobina) e MCV (volume medio dei globuli rossi).

Vediamo nel dettaglio a cosa si riferiscono questi parametri, che si misurano attraverso delle comuni analisi del sangue.

L’emoglobina è la proteina maggiormente presente nel sangue e contiene al suo interno il ferro, grazie al quale riesce a trasportare l’ossigeno ai tessuti e ai distretti preposti per il suo utilizzo. Si parla di anemia quando i livelli di emoglobina sono inferiori a:

Uomini < 14 g/dL
Donne < 13 g/dL
Donne in gravidanza < 12 g/dL
Bambini < 11,5 g/dL

Tabella 1: valori di emoglobina nel sangue che indicano la presenza di una condizione di anemia

La sideremia è il parametro che indica la quantità di ferro circolante legato ad una specifica proteina: la transferrina. In presenza di una carenza, a seconda del sesso e dell’età del soggetto, la sideremia risulta avere una concentrazione bassa quando i suoi valori sono inferiori a:

Uomini < 65 µg/dL
Donne < 50 µg/dL
Bambini < 50 µg/dL

Tabella 2: valori che definiscono la concentrazione minima di sideremia nel sangue

La saturazione della transferrina (Tsat%) indica invece la percentuale di ferro legato a questa proteina; se questa è inferiore al 20% è indicativa di una carenza.

La ferritina è la proteina di stoccaggio del ferro per eccellenza, in grado di contenerne oltre 4000 ioni e si ritrova principalmente nel fegato, nella milza, nel midollo osseo e, in piccola parte, anche nel plasma. Nelle indagini di laboratorio riveste un ruolo importante in quanto la sua concentrazione è strettamente correlata ai livelli di ferro nell’organismo.3 Una bassa concentrazione di ferritina (<20 µg/L) indica una carenza di ferro, mentre valori oltre il range di normalità (>300 µg/L) suggeriscono uno stato infiammatorio dell’organismo, per questa ragione viene utilizzata anche come marker infiammatorio.

Tuttavia, quando parliamo di sideropenia, non sempre sono presenti alterazioni ematologiche evidenti; infatti, i livelli di emoglobina possono risultare nella norma, ma la ferritina e la saturazione della transferrina risultano basse. Se la condizione non viene riequilibrata si può sviluppare una condizione di anemia sideropenica.

È bene, quindi, effettuare una diagnosi differenziale per accertare se la condizione clinica è una semplice carenza o se è una condizione patologica conclamata, come l’anemia. I sintomi più frequenti in caso di anemia sono:

  1. Pallore
  2. Debolezza
  3. Irritabilità
  4. Capogiri
  5. Affaticamento
  6. Piedi e mani freddi e informicoliti
  7. Accelerazione del battito cardiaco (tachicardia)

Quali sono le conseguenze di una carenza di ferro non trattata?

Quando la carenza di ferro non viene corretta e si aggrava, col passare del tempo si può andare incontro ad una condizione di anemia sideropenica.

Inoltre, aumenta il rischio di contrarre malattie infettive: il ferro, infatti, svolge un’importante funzione immunomodulante, in quanto è coinvolto direttamente nella formazione e nella maturazione dei globuli bianchi, soprattutto linfociti, le cellule specializzate a difendere l’organismo dall’attacco di microrganismi patogeni.

A livello cognitivo, alcuni studi hanno dimostrato che la carenza di ferro può influire sulla corretta funzione cerebrale, causando problemi di memoria e limitando le capacità di apprendimento, tanto da essere correlata anche ai processi di demenza senile, come la malattia di Alzheimer.

Inoltre, nei soggetti anziani affetti da patologie cardiache come lo scompenso, una carenza di ferro non trattata può aggravare il quadro clinico, riducendo la capacità funzionale e la qualità di vita.

Per quanto riguarda invece i più giovani, la mancanza di un adeguato apporto di ferro durante l’infanzia e, in particolare, nei primi anni di vita può influire sulla crescita in termini sia di sviluppo fisico che cognitivo.

Come ristabilire i normali livelli di ferro nell’organismo attraversi l’alimentazione: i cibi più ricchi di ferro e l’uso di integratori

Gli alimenti che contengono più ferro in assoluto sono: il fegato, le frattaglie, i frutti di mare, la carne in generale e nello specifico quella di cavallo, il pesce, il latte, alcuni tipi di verdure verdi (in particolare i cavoletti di Bruxelles e gli spinaci), i legumi (fagioli), la frutta secca (tra tutte le mandorle e i fichi secchi) e il cacao.

Questi alimenti possono essere suddivisi in due gruppi:

  • Alimenti contenenti ferro eme (organico): questo tipo di ferro è facilmente assorbito dal nostro organismo poiché legato a delle particolari proteine (globine) che passano direttamente nel circolo ematico. Il ferro eme è contenuto in cibi come carne e pesce, in particolare nel fegato, nelle frattaglie e nei frutti di mare;
  • Alimenti contenenti ferro non-eme (inorganico): il ferro può trovarsi in base al suo stato di ossidazione come ione ferroso (bivalente) o come ione ferrico (trivalente). Il ferro ferroso è solubile, mentre il ferro ferrico è insolubile, dunque deve essere trasformato in ferro bivalente per essere assorbito dall’intestino. Questo tipo di ferro si trova nelle verdure, nei legumi, nelle uova, nella carne rossa e nei latticini.

Solo il 5% del ferro contenuto negli alimenti vegetali viene assorbito, mentre la percentuale aumenta al 10-20% negli alimenti carnei. Per questa ragione chi segue una dieta vegetariana, o comunque povera di carne, espone l’organismo al rischio di sviluppare una condizione di sideropenia.

Questa situazione può essere ovviata seguendo una dieta ricca di fonti alternative di ferro e, ove questo non sia possibile o nel caso non fosse sufficiente, integrando la normale alimentazione con l’assunzione di specifici integratori alimentari per correggere questa carenza.

In questi casi gli integratori della linea SiderAL®, a base di Ferro Sucrosomiale®, aiutano l’organismo a ristabilire i normali livelli di ferro, senza provocare gli effetti indesiderati comunemente associati ad altri sali di ferro più convenzionali.

 


BIBLIOGRAFIA:

  1. Wawer A.A., Jennings A., Fairweather-Tait S.J., Iron status in the elderly: a review of recent evidence. Mech Ageing Dev. 2018 Oct; 175:55-73.
  2. Bathla S., Arora S., Prevalence and approaches to manage iron deficiency anemia (IDA). Crit Rev Food Sci Nutr 2021:1–14.
  3. Gregory J. Anderson, David M. Frazer, Current understanding of iron homeostasis. The American Journal of Clinical Nutrition, Vol 106. 2017 Dec; 1559–1566.

Anemia Carenza di ferro